In breve...

La Congregazione dei Figli di Maria Immacolata (o dei religiosi pavoniani) fu fondata a Brescia l'8 dicembre 1847 da Padre Lodovico Pavoni. Egli consacrò la sua vita e i suoi beni all'educazione umana e cristiana degli adolescenti e dei giovani poveri e al loro reinserimento nella società attraverso un'attività professionale qualificata. La Congregazione è composta da Fratelli Laici e Fratelli Sacerdoti. Ambedue hanno risposto alla chiamata e hanno scelto di consacrarsi a Dio nella vita religiosa assumendo il carisma del Padre Fondatore, a servizio degli adolescenti e dei giovani poveri. Guidati dagli insegnamenti più recenti della Chiesa e dalle indicazioni della Regola di Vita, si sono sentiti chiamati dallo Spirito ad aprirsi a condividere questo carisma nella Chiesa e per la Chiesa.

 

 

Lodovico Pavoni e i Pavoniani

San Lodovico Pavoni nacque a Brescia l’11 settembre 1784, primo di cinque figli del nob. Alessandro e della nob. Lelia Poncarali. Visse in un’epoca caratterizzata da profondi rivolgimenti politici e sociali: la Rivoluzione francese (1789), quella giacobina (1797), il dominio napoleonico con le sue diverse denominazioni e infine, dal 1814, quello austriaco. La politica di Lodovico Pavoni, ordinato Prete nel 1807, fu sempre solo la politica dell'amore. Rinunciando a facili prospettive di carriera ecclesiastica, cui sembrava avviato quando il Vescovo Mons. Gabrio M. Nava lo volle suo Segretario (1812), seppe donarsi con generosa creatività a chi più ne aveva bisogno: i giovani e fra essi i più poveri. Per loro («pei poverelli») aprì il suo Oratorio (1812). Al tempo stesso, si consacrava, come rimarcherà il Vescovo, «in sussidio dei Parrochi ad istruire, catechizzare con Omelie, con Catechismi, con esercizi segnatamente la gioventù e specialmente la poveraglia che ne ha maggior bisogno, con specchiato vantaggio». Il 16 marzo 1818 è nominato Canonico della cattedrale e gli viene affidata la rettoria della basilica di S. Barnaba. Accortosi, intanto, che non pochi oratoriani, soprattutto i poveri, venivano meno nell'impegno e deviavano dal buon sentiero, quando dovevano inserirsi nel mondo del lavoro, che purtroppo non garantiva un sano ambiente morale e cristiano, Lodovico Pavoni decise di fondare «un benefico privato Istituto, o Collegio d'Arti, ove almeno gli orfani, o trascurati da propri genitori venissero raccolti, gratuitamente mantenuti, cristianamente educati, e fatti abili al disimpegno di qualche arte, affine di formarli insieme cari alla religione, ed utili alla società, ed allo Stato».

Nasce così, nel 1821, l'Istituto di S. Barnaba. Fra le arti, la più importante fu la Tipografia, voluta dal Pavoni come “Scuola Tipografica”, che si può considerare la prima Scuola grafica d'Italia e che ben presto divenne una vera Casa editrice. Con il passare degli anni si moltiplicarono i mestieri insegnati a S. Barnaba: nel 1831, il Pavoni elenca otto officine esistenti: Tipografia e Calcografia, Legatoria di libri, Cartoleria, Argentieri, Fabbriferrai, Falegnami, Tornitori, Calzolai. L’Istituto di S. Barnaba riuniva per la prima volta l’aspetto educativo, quello assistenziale e il professionale, ma la fisionomia più profonda, «l'idea caratteristica» del nuovo Istituto era che «i figliuoli poveri, abbandonati dai genitori e più prossimi parenti, vi trovassero tutto ciò che hanno perduto ... non solamente ... un pane, un vestito ed una educazione nelle lettere e nelle arti, ma il padre e la madre, la famiglia, di cui la sventura li ha privati, e col padre, la madre, la famiglia tutto ciò che un povero poteva ricevere e godere». Durante il colera del 1836, «con semplice invito Municipale, e senza speranza di sovvenimento di spesa, vennero benignamente accolti nel Pio Ricovero, ivi alimentati, ed educati con vero e paterno amore … molti, e molti fanciulli ancora inutili». Così si legge negli atti della seduta straordinaria del 21 agosto 1841 del Municipio di Brescia. Il Pavoni pensò anche ai contadini e progettò una Scuola Agricola; nel 1841, poi, accolse nell'Istituto i Sordomuti. Il 3 giugno 1844 veniva insignito dall'Imperatore del Cavalierato della Corona ferrea. A sostegno e per la continuità dell'Istituto, Lodovico Pavoni andava coltivando da tempo il pensiero di formare con i suoi giovani più fervorosi «una regolare Congregazione, che stretta coi vincoli della Cristiana Carità, e sul fondamento basata delle Evangeliche virtù, interamente consagrisi al ricovero, ed alla coltura de’ trascurati pupilli, e dispongasi a dilatare gratuitamente le sue cure anche a favore delle tanto commendabili Case d'industria, che talvolta per mancanza di saggi Maestri nelle arti sentono pregiudizio, ed aggravio»: così già nel 1825 scriveva all’Imperatore Francesco I, in visita a Brescia. Ottenuta la lode dello scopo della Congregazione, con decreto del 31 marzo 1843 da parte del Papa Gregorio XVI, giunse finalmente l'approvazione imperiale del 9 dicembre 1846. Mons. Luchi, Vicario Generale Capitolare, usando la facoltà compartitagli dalla Santa Sede erige canonicamente la Congregazione dei Figli di Maria, l'11 agosto 1847. Dopo aver dato formalmente il 29 novembre le dimissioni dal Capitolo della Cattedrale, l'8 dicembre, solennità dell'Immacolata, il Pavoni emette la sua professione perpetua. Circa la fisionomia della nuova famiglia religiosa, i contemporanei ne riconobbero unanimemente la novità e l'originalità, dovendo essa comporsi di Religiosi Sacerdoti per la direzione spirituale, disciplinare e amministrativa dell'opera e di Religiosi Laici per la conduzione delle officine e l’educazione dei giovani. Appare così la nuova figura del religioso lavoratore ed educatore: il fratello coadiutore pavoniano, inserito direttamente nella missione specifica della Congregazione, con parità di diritti e di doveri dei Sacerdoti. Il giorno dopo lo scoppio delle Dieci Giornate, il sabato 24 marzo 1849, Lodovico Pavoni, sotto una pioggia battente, accompagnava i suoi ragazzi al colle di Saiano, a dodici chilometri da Brescia, per metterli in salvo dal saccheggio e dagli incendi causati dalla rivolta, che proprio alla piazzetta di S. Barnaba aveva eretto una delle barricate. Già compromesso nella salute, il 26 marzo si aggrava e all'alba del 1 aprile 1849, domenica delle Palme, muore. Il 5 giugno 1947 Pio XII emanò il decreto sulla eroicità delle virtù, in cui Lodovico Pavoni è chiamato «un altro Filippo Neri … precursore di S. Giovanni Bosco … perfetto emulatore di S. Giuseppe Cottolengo». (P. Giuseppe Rossi)

Padre Lodovico Pavoni non ha avuto a disposizione molto tempo per guidare la famiglia religiosa da lui fondata e per dare consistenza alla sua struttura e al suo sviluppo. Altri Fondatori poterono accompagnare per diversi anni la crescita del loro Istituto, accogliere e formare molti membri che si consacrarono alla causa da loro iniziata, dar vita alla fondazione di numerose attività e comunità. Per padre Pavoni questo non poté avvenire. Una volta raggiunto lo scopo, dopo estenuanti richieste, ripetuta documentazione e il ricorso a persone influenti, gli restarono pochi mesi di vita (dall’8 dicembre 1847 al 1° aprile 1849) per consolidare la base della famiglia appena fondata. Per circa trent’anni (cioè dal 1818-1821 al 1847) aveva dedicato tutte le sue energie per la fondazione e per lo sviluppo dell’Istituto di San Barnaba, sbocciato accanto all’oratorio, per dare una famiglia e per formare al lavoro i ragazzi più bisognosi e abbandonati. In quest’opera padre Pavoni era stato aiutato da diversi collaboratori, chierici e laici, alcuni dei quali si erano uniti a lui, avevano assimilato il suo spirito e intendevano consacrarsi al servizio dei ragazzi poveri da lui raccolti. L’8 dicembre del 1847, con p. Lodovico Pavoni, fecero la professione religiosa p. Agostino Amus, i chierici Ignazio Guccini e Bartolomeo Salvadori e i fratelli Giovanni Passorini e Vincenzo Tonelli, mentre p. Giuseppe Baldini e fr. Angelo Montresor fecero la vestizione religiosa e professarono l’anno seguente. Alla sua morte, che cosa lasciava p. Lodovico Pavoni alla Congregazione? Lasciava anzitutto un carisma, che si esprimeva nella missione educativa verso i ragazzi e i giovani orfani e poveri e verso i sordomuti, e che si attuava in un “sistema di educazione” fondato sulla pedagogia preventiva dell’amore, della ragione e della religione. Questa missione si concretizzava, accanto all’esperienza dell’oratorio, nella realtà dell’Istituto di San Barnaba, che faceva da famiglia agli alunni ospitati. A loro veniva offerta una formazione al lavoro, attraverso dieci profili professionali: tipografo, legatore di libri, cartolaio, fabbro ferraio, falegname, argentiere, intagliatore, tornitore, calzolaio e sarto. La missione si esplicava inoltre nell’attività editoriale e libraria, come pure nel ministero pastorale nella chiesa di S. Barnaba. Il carisma si caratterizzava anche per un particolare spirito: spirito teologale, disponibilità, laboriosità, spirito di famiglia, devozione a Maria, venerata sotto il titolo dell’Immacolata e come Madre della Divina Provvidenza e del Buon Consiglio. Oggi la presenza pavoniana è diffusa non solo in Italia, ma anche in Spagna, Brasile, Eritrea, Colombia e da poco anche in Messico, Filippine e Burkina Faso.